La private label fra qualità e innovazione

di Fabio Massi

Un tempo gli affettati a marchio privato erano scelti per il basso costo, oggi il consumatore privilegia anche nelle Pl la varietà dell’offerta e i prodotti economici che non rinuncino alla qualità e alla tipicità della loro provenienza.

Una volta era quasi esclusivamente la convenienza, oggi ci sono soprattutto la qualità e la varietà dell’offerta, ma anche la tradizione delle lavorazioni e le tipicità dei territori, l’innovazione di prodotto in relazione agli stili alimentari emergenti. Sono questi i principali fattori d’attrazione dei salumi a marca del distributore, prodotti che stanno incontrando il gusto e le esigenze dei consumatori in maniera sempre più convincente.

Secondo l’ultimo rapporto Marca realizzato da Adem Lab su dati Iri, nel 2015 le vendite dei prodotti a marca industriale – diversamente dall’anno precedente ­– hanno evidenziato una buona crescita sia a valore (2,3%) sia a volume (+2,8%), mentre le private label tornano a crescere soltanto a valore, seppur di poco (+0,1%), raggiungendo i 9.548 milioni di euro, confermando però la tendenza negativa nelle quantità (-1,5%).
Per il secondo anno consecutivo, la quota della marca del distributore nelle vendite dei prodotti del largo consumo confezionato nel canale ipermercati, supermercati e libero servizio piccolo (Lsp) subisce una leggera flessione e passa da 18,4% a 18,2%. Nel discount, invece, la crescita continua con un buon ritmo e negli ultimi cinque anni è salita dal 44,4% al 53,9%.

Tra le diverse categorie dell’offerta, sono soprattutto la marca premium e quella bio a mostrare le performance più brillanti, anche se incidono ancora in maniera relativa sul totale (rispettivamente 3,6% e 4,9% in volumi): le vendite della prima crescono a valore del 13,1% e raggiungono i 606 milioni di euro (quota del 6,3%), mentre quelle della seconda aumentano del 10,8% superando i 546 milioni di euro (quota del 5,7%).
La marca primo prezzo, invece, si conferma in caduta libera con una contrazione delle vendite del 38% a valore e del 41,3% a volume, mentre la marca insegna, che continua a detenere la quota maggioritaria delle vendite totali sia a valore (82,4%) sia a volume (85%), evidenzia una crescita di poco superiore all’1% rispetto all’anno precedente, sfiorando i 7.900 milioni di euro.

Questi numeri dimostrano come il consumatore non si accontenti più soltanto della convenienza per decidere di acquistare i prodotti a marca commerciale e come sia diventato più esigente e più attento alla qualità, in particolar modo nel fresco che, sempre secondo il rapporto Marca, è il reparto più dinamico, avendo messo a segno nel corso del 2015 un incremento del 5,1%.
«La domanda nel settore dei salumi a marca del distributore è certamente in crescita. Negli ultimi anni si è notevolmente modificata – spiega Mirko Accetta, ufficio commerciale e marketing di Pianeta alimentare – i nostri consumatori sono più attenti, più informati e più sensibili a certe tematiche. Questo è il principale motivo per cui la domanda di salumi di alta qualità è cresciuta. Siamo riusciti a cogliere, nel passato, questi piccoli segnali, perciò oggi la nostra offerta è sempre più orientata sui prodotti di alta qualità e ci siamo posti l’obiettivo di incrementare questa tipologia di referenze per soddisfare al meglio la domanda.
Sono molte le aziende tra Gd, Do e industria che hanno scelto i nostri prodotti per i loro marchi; grazie alla nostra flessibilità produttiva riusciamo, infatti, a fornire ai nostri clienti prodotti su misura che rispondo alle nuove esigenze del mercato dei salumi».

Secondo le cifre elaborate dall’Associazione industriali delle carni e dei salumi (Assica) su dati Istat, nel 2015 la produzione nazionale di salumi è tornata a crescere dopo quattro anni di segno meno, arrivando a sfiorare 1,2 milioni di tonnellate con un aumento dello 0,9% rispetto ai dodici mesi precedenti. Anche il fatturato ha registrato un incremento, salendo a 7.875 milioni di euro (+0,7%), un andamento legato principalmente alla diminuzione media dei prezzi per effetto delle politiche promozionali avviate dalla grande distribuzione nel tentativo di favorire i consumi. Tra i singoli salumi, da segnalare la performance del prosciutto cotto, la cui produzione ha superato in volumi quella del crudo soprattutto grazie alla crescita delle esportazioni verso la Spagna, diventando il principale salume prodotto nel 2015 in termini di quantità.
I consumi hanno evidenziato una lieve flessione (-0,4%) e si sono attestati su poco più di un milione di tonnellate. In teoria, nel 2015 ogni italiano ha acquistato circa 17,7 kg di salumi, una cifra simile a quella dell’anno precedente. Tra i singoli prodotti, il salume più consumato si conferma il prosciutto cotto, con una quota pari al 26,2% del totale, seguito dal crudo (22,2%), da mortadella e würstel (19,8%) in netta flessione, dal salame (7,9%) e dalla bresaola (1,2%).

Certamente l’allarme lanciato alla fine dello scorso ottobre dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms che ha inserito le carni rosse lavorate tra le sostanze più cancerogene ha influito negativamente sui consumi dei salumi, soprattutto würstel. La crescente diffusione delle tendenze salutistiche, vegetariane e vegane, inoltre, non ha favorito lo sviluppo del comparto.
«Nonostante la crisi economica stia attanagliando anche il nostro settore – afferma Giovanni Bortolotti, responsabile commerciale di Alcar uno – ritengo che il prodotto di marca continui e continuerà a crescere. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera battaglia contro i salumi e carni in generale da parte di vegetariani e vegani e questo è un ulteriore stimolo a trovare nuove soluzioni per informare e affezionare i consumatori. La marca privata aiuta in tutto questo tutelando e informando senza dimenticare la qualità e il prezzo, che sono aspetti fondamentali per la crescita nei mercati moderni.
Per continuare questo trend siamo quotidianamente impegnati nella ricerca di prodotti e lavorazioni che rispondano sempre di più alle nuove esigenze del consumatore, con packaging mirati e un’attenzione particolare a prodotti naturali, senza conservanti, senza trascurare le tradizioni che, sapientemente mixate alle nuove tecnologie, ci fanno ben sperare per il futuro».

Nonostante gli allarmismi sui rischi per la salute, tra i vari segmenti del comparto dei salumi gli affettati hanno mostrato una marcia in più, potendo contare su una grande varietà di prodotti sul mercato, soprattutto referenze associate dal consumatore all’idea di salute e leggerezza, come gli affettati arrosto a base di pollo e tacchino.
Lo scorso anno, secondo i dati elaborati da Iri infoscan nel canale moderno, il segmento degli affettati ha raggiunto un giro d’affari di 1.144 milioni di euro (+16%), superando abbondantemente le 51.000 tonnellate di prodotti venduti (+15,3%). Il buon andamento si deve alla crescita di quasi tutti i prodotti della categoria, ma è da sottolineare il +23,1% a volume degli affettati delle linee benessere. Negli ultimi anni, infatti, molti produttori hanno investito in marchi e prodotti in grado di rispondere alle crescenti esigenze salutistiche dei consumatori portando questo sottosegmento a una quota volume del 17%. Anche se la marca del distributore non gioca ancora un ruolo decisivo negli affettati benessere pesando per circa il 15% a volume (30% nel mercato complessivo degli affettati), è indubbio che la tendenza sia in crescita e gli spazi da conquistare interessanti.

[continua su «Largo Consumo»]