di Fabio Massi
L’ultimo rapporto Fise-Assoambiente delinea un quadro aggiornato e approfondito sulla raccolta degli Rsu, dal numero degli abitanti serviti alle varie forme di smaltimento.
Tra i diversi modelli di gestione previsti dalle norme vigenti nella raccolta, nel trasporto, nel trattamento, nel recupero e nello smaltimento dei rifiuti urbani si dibatte spesso sull’effettiva efficienza del settore pubblico rispetto a quello privato, sul costo dei servizi forniti in relazione alla reale qualità degli stessi, sull’arretratezza dei sistemi e degli impianti di gestione in diverse zone del nostro Paese e soprattutto sulla scarsa concorrenza in un mercato poco competitivo se paragonato a quello di altre realtà europee e internazionali. Proprio con l’obiettivo di delineare un quadro aggiornato sulle più attuali tendenze e un supporto sia agli operatori sia alle istituzioni preposte a definire il futuro normativo del settore, Fise-Assoambiente, nell’ambito dell’Osservatorio sui servizi di igiene urbana costituito con Padova fiere, ha proposto il 3° rapporto su “Le forme di gestione dei rifiuti urbani” realizzato da Field service Italia, con il patrocinio dell’Osservatorio nazionale rifiuti (Onr).
L’indagine – che fa seguito alle precedenti due edizioni del 1998 e del 2002 – è stata realizzata con l’intento di verificare nel tempo lo stato dell’arte dell’operatività del mercato dei rifiuti urbani soprattutto dal punto di vista del rapporto tra pubblico e privato nella gestione dei servizi e degli impianti. Dalla ricerca – effettuata interpellando più di 2.700 amministrazioni comunali, al servizio di una popolazione complessiva di 45.876.315 persone – emerge che le imprese private hanno fatto registrare una tendenza in sensibile calo sia per numero di Comuni serviti, passando dal 45,9% del 1998 al 43,2% del 2002 fino al 38,2% dello scorso anno, sia per numero di abitanti, dal 38,9% del 1998 al 32,7% del 2002 fino al 30,7% del 2005, cioè una popolazione di poco superiore ai 14 milioni di persone. Trend decisamente opposto, invece, per le società pubbliche che nel 2005 hanno fornito servizi al 34,8% dei Comuni, crescendo del 4,8% rispetto al 2002 e del 7,5% al 1998, e hanno operato per il 45,3% dei cittadini pari a circa 20,8 milioni di individui (+2% rispetto al 2002 e +5,7% al 1998). Buone anche le performance delle società a capitale misto pubblico-privato, le quali se nel 1998 servivano soltanto il 2,6% dei Comuni nel 2005 sono salite al 15,9% (12% nel 2002), mentre in termini di abitanti hanno raggiunto la cifra di 8,6 milioni (+6,9% rispetto al 2002 e +16,2% al 1998).
Per ciò che concerne, infine, le gestioni dirette da parte delle amministrazioni locali si è verificato un netto calo: dal 24,3% del 1998 al 14,7% del 2002 fino all’11,1% del 2005 per Comuni serviti, dal 18,9% del 1998 al 12,1% del 2002 fino al 5,2% del 2005 per numero di abitanti (poco più di 2,4 milioni). Questi ultimi dati si riferiscono non soltanto alle gestioni dirette delle amministrazioni comunali, ma anche a tutte quelle che potremmo definire “istituzionali”, cioè Regioni, Province, unione di più Comuni, comunità montane o isolane che forniscono servizi utilizzando proprio personale. A livello di distribuzione geografica, questa tipologia di gestione risulta molto poco diffusa nel Nord-Ovest con il 4,6% e nel Nord-Est con il 5,6%, mentre è più praticata al Centro (14,3%) ma soprattutto al Sud dove raggiunge il 18,9% dei Comuni, anche se negli ultimi tre anni si è verificata una netta flessione (-11,5%). La Regione che in assoluto privilegia la gestione diretta della raccolta e del trasporto dei rifiuti urbani è il Molise con il 58,3%, mentre quella che ne fa un uso minore è l’Emilia Romagna (1,1%). Se si analizza più da vicino il dato relativo alla gestione tramite imprese pubbliche – società a totale capitale pubblico, incluse aziende municipalizzate, speciali o consortili – si nota che questa forma è prevalente in senso assoluto a prescindere dall’ampiezza demografica della località in cui si opera: si va da un minimo del 28,8% per i Comuni con abitanti compresi tra 1.185 a 3.030 fino all’83,3% per i centri con più di mezzo milione di individui.
Le imprese pubbliche forniscono servizi soprattutto nel Nord-Ovest con il 44,4% e nel Nord-Est con il 41,1% – anche se rispetto al 2002 si è verificato un lieve calo rispettivamente dello 0,8% e del 2,4% – meno al Centro con il 35,2% (+8,7%), chiude il Sud con il 22,1% che però ha fatto registrare, negli ultimi tre anni, una crescita davvero interessante: +12,4%. La Regione con la percentuale più alta è il Piemonte (60,3%), mentre Umbria e Sardegna risultano le realtà meno interessate a questa forma di gestione (5,7%). Riguardo alla raccolta e al trasporto tramite società a capitale misto pubblico-privato – nel 41% dei casi la quota del privato oscilla tra il 40% e il 49% – dall’indagine emerge che i Comuni del Centro sono quelli in cui è più diffusa tale tipologia di gestione (27,9%) anche se rispetto al 2002 c’è stata un lieve calo (-1,7%), segue il Nord-Est (22,8%) che in tre anni ha visto quasi dimezzare la propria quota, il Sud con il 13,7% (+3,8%), ultimo il Nord-Ovest con il 7,6% (-1,3%). Nella classifica regionale guida l’Umbria con il 68,6%, seguita dall’Emilia Romagna con il 52,4% e dalla Calabria con il 52,3%, mentre le percentuali più basse si riscontrano in Sicilia (3,5%) e in Friuli Venezia Giulia (3,9%).
Le imprese private, come già detto in precedenza, hanno fatto rilevare una tendenza in continua flessione nel corso degli anni, a testimonianza di una insufficiente liberalizzazione del settore: la percentuale più bassa spetta al Centro (22,6%) che dal 2002 ha perso quasi 4 punti, mentre la quota maggiore è al Sud con il 45,3% (-4,9%), poi il Nord-Ovest con il 43,4 (-2%) e il Nord-Est (30,5%) che ha perso quasi 10 punti percentuale. Questo tipo di gestione risulta molto diffusa nei Comuni con meno di 100.000 abitanti, con punte del 50% in quelli con ampiezza da 3.031 a 5.000 e del 41,4% in quelli da 5.000 a 10.000, mentre ad eccezione di Napoli le imprese private non gestiscono la raccolta e il trasporto dei rifiuti nelle metropoli. Un dato interessante che emerge dalla ricerca è quello relativo ai Comuni che ultimamente hanno cambiato la forma di gestione: dal 2002 soltanto il 7,1% ha realizzato tale modifica, soprattutto al Sud (12,6%) e meno nelle altre aree geografiche nelle quali non si supera il 5,3%, mentre in termini di tipologia dei centri in tutte le fasce non si va mai oltre il 10%. Per ciò che concerne la modalità di gestione abbandonata in favore di altre, il 42,3% del campione ha dichiarato che precedentemente le operazioni erano svolte direttamente dal Comune, mentre nel 38,7% dei casi si trattava di società private o cooperative, il 10,3% di società miste, l’8,8% di consorzi o società pubbliche; non si registrano variazioni, infine, per le metropoli.
I risultati dell’indagine evidenziano in maniera netta i progressi del nostro Paese nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani, sia per diffusione capillare sul territorio sia per varietà di materiali trattati. Praticamente tutti i Comuni intervistati, senza grosse differenze per ampiezza demografica, hanno dichiarato di effettuare questo servizio (98,5%), registrando un aumento del 2,4% rispetto a tre anni prima. Anche tra le varie aree geografiche c’è un sostanziale equilibrio e se nel Nord-Est la totalità dei centri effettua la raccolta differenziata (+0,2% dal 2002), nel Nord-Ovest la quota è del 99,8% (+0,4%), al Centro è del 99% (+0,7%), chiude il Sud con il 96,3% che ha realizzato la crescita più rilevante (+6,3%). A livello regionale ben 13 Regioni raggiungono il 100%, mentre anche nel 2005 si conferma all’ultimo posto la Sardegna con l’89,8%, anche se sono evidenti i risultati ottenuti in tre anni dall’isola per adeguarsi alla media nazionale: nel 2002, infatti, la percentuale era soltanto del 68,4%. La forma di gestione più diffusa per la raccolta differenziata risulta quella tramite imprese private o cooperative (39,4%) soprattutto nel Sud e nel Nord-Ovest, seguono le società pubbliche con il 36,5% (al Nord e al Centro), quelle miste con il 16,9% maggiormente al Centro e al Nord-Est, mentre i Comuni gestiscono direttamente questo tipo di servizio solo nel 7,1% dei casi. Dalle interviste emerge che è notevolmente aumentata la tendenza alla concentrazione dei servizi nelle mani di un unico soggetto, e la percentuale della differenziata eseguita dallo stesso gestore che effettua la raccolta e il trasporto è passata in tre anni dal 75,4% al 94,7%.
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