Dopo un periodo di ribasso questa coltura viene riscoperta in molti Paesi per le sue qualità di tipo contenutistico e salutistico. Tiriamo un bilancio del settore, cifre alla mano.
Attività di ricerca di nuove cultivar sia per la serra che per il pieno campo, sviluppo di prodotti innovativi per arginare le problematiche delle virosi e delle malattie, commercializzazione di varietà adeguate alle esigenze della gdo, promozione delle sue numerose qualità salutistiche e due inedite varietà in arrivo quest’anno. Sono alcune delle indicazioni emerse durante il convegno intitolato “Il peperone: nuove tendenze di coltivazione nell’areale pugliese”, organizzato recentemente presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Foggia da S&G e Syngenta Crop Protection, con il patrocinio della Società orticola italiana (Soi) e dello stesso ateneo foggiano.
L’incontro, ospitato in una regione particolarmente votata alla coltivazione dei prodotti ortofrutticoli e del peperone in particolare, aveva l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sulle possibili prospettive di sviluppo di questo ortaggio nel mercato italiano e sulle varietà con le caratteristiche più interessanti per i gusti del consumatore moderno. Dopo anni piuttosto difficili per la coltivazione nazionale del peperone, durante i quali si è verificato un progressivo abbandono di questa coltura in condizioni di pieno campo a causa di problematiche fitosanitarie e della bassa redditività – oltre al fatto che la produzione italiana non ha saputo negli ultimi decenni tenere il passo con le innovazioni tecnico-colturali e gli standard commerciali richiesti dal mercato europeo e internazionale – dal 2007 si prevede un rilancio grazie a una leggera ripresa strutturale della filiera produttiva e all’apporto di tecniche avanzate per la coltivazione di nuove varietà maggiormente resistenti a determinate virosi, parassiti animali, funghi o batteri.
«Abbiamo sviluppato una ricerca sul peperone dedicata all’Italia – afferma Michael Sempf, marketing manager del peperone di S&G (brand della multinazionale delle sementi Syngenta) per l’area Europa, Africa e Medio Oriente (Eame) – con un programma per la serra primaverile e uno per il pieno campo. Nel 2006 abbiamo lanciato due nuove varietà: “Collina” e “Qui”, pensate per il pieno campo e, più nello specifico, per l’areale pugliese»; la prima è caratterizzata da una pianta dalla resistenza elevata e da un frutto giallo quadrilobato di tipologia “mezzo lungo” dalla polpa liscia e molto spessa, ideale sia per il mercato fresco sia per l’industria, mentre la seconda genera un frutto rosso brillante tri/quadrilobato di tipologia “tre quarti” dotato di una polpa spessa e di un peso elevato, che lo rendono particolarmente adatto per l’industria. «Entro la fine dell’anno – conclude Sempf – lanceremo altre due varietà che hanno la novità della resistenza intermedia all’oidio, una caratteristica molto importante per il segmento della coltivazione in serra». Grazie al clima e alle condizioni di sviluppo favorevoli dell’Italia, la coltivazione del peperone si estende largamente sul nostro territorio e interessa soprattutto le regioni del Centro e del Meridione.
Negli ultimi venti anni la superficie complessiva italiana dedicata alla coltura del peperone ha subito una riduzione di circa il 30% e nel 2006 – secondo i dati Istat – ha raggiunto quasi i 13.500 ettari (-2,2% rispetto al 2005), di cui 10.800 in pieno campo e 2.700 in serra, con una produzione totale di circa 363.000 tonnellate (-3,2%), di cui 250.000 in pieno campo e 113.000 in serra, con una resa media di 269,3 quintali per ettaro (-1,1%). Disaggregando i dati per aree geografiche vediamo che oltre il 70% della superficie complessiva coltivata a peperone – sia in pieno campo sia in serra – si trova nel Meridione (9.593 ettari), mentre il 17,5% è al Centro (2.365 ettari) e l’11,3% al Nord (1.526 ettari). La regione che dedica il maggior numero di ettari a questo tipo di coltura è la Sicilia con 3.188 pari al 23,6% del totale nazionale, seguita dalla Puglia con 1.916 ettari (14,2%), dalla Campania con 1.803 ettari (13,4%) e dalla Calabria con 1.261 ettari (9,3%). In termini di produzione, al Sud si concentra il 69,1% del totale nazionale (250.800 tonnellate) con una resa media per ettaro di 261,4 quintali, mentre il Centro contribuisce per il 18,3% con una resa di 280,8 quintali e il Settentrione per il 12,6% con una resa di 300,9 quintali.
Anche in questo caso le realtà regionali più importanti si trovano tutte al Meridione: al primo posto c’è la Sicilia che produce il 24,1% dei peperoni italiani (87.600 tonnellate) con una resa media di 274,9 quintali per ettaro, segue la Campania con il 20,1% (73.200 tonnellate) e una resa di 406 quintali, la Puglia con l’11,5% (41.800 tonnellate) e una resa di 218,2 quintali. Tra le province maggiormente produttive c’è Ragusa che fornisce la metà dei peperoni della Sicilia (43.700 tonnellate in 1.334 ettari), seguono Salerno e Caserta che grazie a un’ottima resa (intorno ai 450 quintali per ettaro) producono rispettivamente 34.900 e 22.400 tonnellate, e Foggia con 19.800 tonnellate in 900 ettari. In pratica, da queste quattro province arriva un terzo della produzione complessiva italiana. Dal 2000 al 2004 il mercato nazionale del peperone ha risentito del notevole calo delle vendite dei prodotti ortofrutticoli (-17%), passate da quasi 6,5 a meno di 5,4 milioni di tonnellate, mentre in termini di valore la flessione è stata minore (-6%): dai 7,6 miliardi di euro spesi dalle famiglie italiane nel 2000 ai 7,2 miliardi nel 2004, a dimostrazione di un deciso aumento dei prezzi medi. In particolare, il peperone dal 2000 al 2004 ha fatto registrare una contrazione dei consumi del 6%.
Dai dati dell’Osservatorio prezzi ortofrutta Ismea/Mipaaf, inoltre, risulta che nei primi undici mesi del 2006 le famiglie italiane hanno acquistato ortaggi freschi per quantitativi pari a 1,4 milioni di tonnellate, con una flessione, rispetto allo stesso periodo del 2005, del 4%, mentre la spesa si è attestata su poco più di 1,8 miliardi di euro, con un calo del 2%. «Il mercato italiano negli ultimi anni – spiega Andrea Luca Launeck, product manager del peperone di S&G per l’Italia – è stato interessato da una forte diminuzione delle superfici di pieno campo a causa della ridotta marginalità per un periodo di raccolta molto limitato, oltre che da una riduzione della taglia dei peperoni verso una tipologia mezzo lunga/quadrata per facilitarne la commercializzazione. Si è verificata anche un’accentuata concentrazione di prodotto in poche aziende specializzate (che sono quindi diminuite) e in pochi areali produttivi, insieme all’aumento del prodotto lavorato dall’industria. Infine c’è stato un incremento della varietà dei peperoni, con una sensibile riscoperta da parte dei consumatori delle tipologie locali, e una maggiore richiesta di un prodotto più economico».
Secondo Launeck per rilanciare nel futuro il settore del peperone nel nostro Paese sono necessarie alcune importanti modifiche strategiche: «È fondamentale arrestare la riduzione delle superfici coltivate a peperone in modo da poter supportare la domanda di prodotto nel periodo estivo-autunnale. La grande distribuzione – che oggi, secondo i dati Ismea-AcNielsen, commercializza circa il 45% dei peperoni (il 23% dai negozi, il 20% dagli ambulanti e il 12% da altre tipologie) – sta aumentando le proprie quote anche nel Sud Italia, dove fino a poco tempo fa era meno presente, perciò bisogna cambiare qualcosa a livello di commercializzazione e concentrazione del peperone, un prodotto che deve essere anche più vicino alle esigenze della gdo. Un’ulteriore opportunità di crescita può scaturire da eventuali investimenti in coltivazioni protette soprattutto durante il periodo invernale e l’inizio della primavera, cioè quando si concentra il grosso delle importazioni».
Il peperone coltivato in pieno campo, infatti, è una coltura primaverile-estiva – anche se nelle aree costiere meridionali può spingere il suo ciclo fino in autunno – la cui raccolta avviene generalmente tra luglio e settembre. La temperatura ideale per la sua crescita oscilla tra i 21 e i 28 gradi, si tratta di una coltura molto sensibile alle variazioni di temperatura e di luminosità, nonché alle forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, ma anche agli squilibri idrici e richiede un regime idrico elevato e costante nel terreno, il quale deve essere soffice, fresco, di medio impasto e abbastanza fertile. Nel nostro Paese sono diffuse diverse varietà di peperone che possono essere raggruppate per forma e dimensione: quadrate, rettangolari, allungate, appiattite. Le prime due tipologie sono le più coltivate, mentre le altre sono generalmente di provenienza estera e hanno quasi completamente rimpiazzato le vecchie varietà, che presentano scarsa resistenza alle malattie…
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