Croccante e dorato anche al supermercato

di Fabio Massi

Cresce la quantità di pane acquistata dagli italiani presso i punti di vendita della gdo. Alla comodità di questa soluzione si è del resto ormai affiancata anche una qualità di primo livello.

I consumatori italiani ogni giorno hanno la possibilità di scegliere il pane che più preferiscono tra le circa 400 specialità chiamate con 1.500 nomi diversi, di cui più di 100 già iscritte nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani predisposto dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), senza dimenticare i quattro pani certificati a livello europeo: uno dop (il pane d’Altamura) e tre igp (il casereccio di Genzano, il pane di Matera e la coppia ferrarese).

Da qualche anno il terreno sul quale si gioca la scelta per l’acquisto di questo vero e proprio patrimonio culinario, caposaldo della nostra alimentazione, non comprende soltanto i fornai tradizionali ma si è allargato agli spazi della grande distribuzione organizzata. In seguito all’entrata in vigore nell’estate del 2006 delle liberalizzazioni avviate dall’ex ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani, infatti, che ha interessato anche il settore della panificazione, le catene della Gdo hanno moltiplicato gli investimenti aprendo migliaia di punti di produzione e vendita di pane all’interno di supermercati e ipermercati.

Il pane oltre ad essere uno degli alimenti più apprezzati al mondo è anche un grande business economico. Secondo Food for thought – società internazionale specializzata nella raccolta di dati sul mercato alimentare – il settore dei prodotti da forno nei principali 16 Paesi dell’Europa occidentale ha raggiunto nel 2008 98,4 miliardi di euro, vale a dire l’8,9% dell’intero mercato alimentare, di cui 55,4 miliardi di euro provengono dal solo segmento del pane (56% del totale). Il mercato più grande è rappresentato dalla Germania con una quota del 25%, poi segue l’Italia con il 15% e la Francia con il 14%. Ogni anno in Europa vengono prodotte 25 milioni di tonnellate di pane, di cui 8 milioni sono pane industriale, un genere di prodotto che in alcuni Paesi come il Regno Unito e l’Irlanda costituisce oltre l’80% del mercato. In Europa il 48% dei volumi è rappresentato dal pane artigianale, il 36% dal pane industriale e il 16% dal pane semi-industriale (pane surgelato, precotto, pronto da cuocere).

La produzione annuale di pane in Italia, invece, si attesta sui 3,2 milioni di tonnellate di cui 2,8 milioni sono costituiti da pane fresco artigianale (87,5%), pari a un fatturato complessivo di 7,8 miliardi di euro. Le imprese artigianali di panificazione sono oltre 25.000, mentre i forni industriali sono circa 200, per una forza lavoro di oltre 400.000 occupati. Il consumo pro capite giornaliero di pane è di circa 120 grammi, per una spesa annua di 312 euro a testa (oltre 18 miliardi di euro complessivi). Secondo una recente indagine realizzata dal Censis per Coldiretti sono 17,1 milioni gli italiani che mangiano pane ogni giorno a pranzo e a cena, mentre sono soltanto 930.000 quelli che non ne mangiano mai. Circa il 55% del pane viene commercializzato nei panifici, mentre il 45% nella grande distribuzione, il cui reparto panetteria negli ultimi anni ha conosciuto una significativa trasformazione, divenendo uno dei principali punti di richiamo per la clientela della Gdo.

«Gli elementi distintivi, tra quello che era e quello che è il reparto in questione – afferma Umberto Bertaccini, responsabile canale Despar del Gruppo Tuo – sono essenzialmente due: una maggiore ampiezza e profondità assortimentale e una caratterizzazione delle strutture espositive. In questi ultimi anni le proposte dei singoli fornitori riguardanti la gamma dei pani speciali (farciti alle olive, alle noci, impreziositi dalle spezie ecc.) aggiungono alla consueta vocazione di consumo giornaliero del pane comune anche un ruolo di snack fuori pasto che prima non aveva, indirizzando il consumo verso target diversi dal passato, sopratutto in termine di fasce d’età. Ovviamente questo fenomeno ha portato a una maggiore penetrazione all’interno di un mercato che stava banalizzando la propria offerta. Inoltre la presenza di diversi pani certificati fidelizza il cliente che ritrova localismo e artigianalità. Le industrie produttrici dei mobili espositivi, poi, hanno reso più “caldo” il reparto panetteria, rendendolo sempre più simile a un singolo negozio all’interno di un supermercato, con dei chiari riferimenti alla panetteria tradizionale».

Un tempo il supermercato fungeva unicamente da rivendita di pane, oggi il reparto panetteria negli spazi della grande distribuzione organizzata può contare su un’offerta molto ampia di prodotti, sulla scelta tra diverse fasce di prezzo, su un’elevata cura espositiva e una grande attenzione al dettaglio. Sono due le maggiori tendenze in termini di collocazione del reparto panetteria all’interno dei negozi della Gdo: una predilige la posizione più interna possibile del punto vendita in modo da costringere i clienti a passare attraverso gli scaffali degli altri reparti, mentre l’altra privilegia il servizio che si rende alla clientela raggruppando tutti i reparti del fresco in prossimità dell’entrata o delle casse.

«Ritengo ci sia stato un rinnovamento pressoché totale – spiega Marco Beccari, amministratore delegato di Bakery – e penso di poter affermare che la chiave di volta di questo cambiamento sia stata l’introduzione dei prodotti parzialmente cotti e surgelati. È stato grazie a questi prodotti che l’area panetteria è riuscita a ridimensionare l’impressione di “comparto industriale” ed evocare invece maggiormente un concetto di artigianalità, qualità e servizio per il cliente. Si badi bene che non si è trattato soltanto di un rifacimento a livello di “immagine”, il cambiamento in termini di proposte e contenuti è avvenuto concretamente. I prodotti sono in realtà creati quasi artigianalmente, vengono solo conservati in maniera diversa per poter garantire appunto al consumatore finale tutta la fragranza e la freschezza».

Importanti per questo scopo sono i forni elettrici per la doratura, posizionati solitamente all’interno del reparto panetteria in quanto rappresentano un forte richiamo per la clientela, attratta e invogliata all’acquisto proprio dal profumo del pane appena sfornato. Le cotture vengono fatte di solito negli orari di maggiore affluenza, compresi il pomeriggio e la sera, sfruttando al massimo il grande vantaggio del pane surgelato.«Ciò che distingue il reparto panetteria moderno da quello del passato – dichiara Andrea Nocentini, titolare del Panificio Toscano – è sicuramente l’autoproduzione e la doratura, oltre alla continua ricerca di specialità e soprattutto della qualità. Nella Gdo, infatti, si trova tanta serietà e professionalità nel garantire sempre più qualità e igiene nonché prodotti particolari e di nicchia, un atteggiamento che offre tanta sicurezza al consumatore. Soltanto la freschezza e la bontà del prodotto pagano a livello commerciale. Per vendere, durante le ore del giorno è consigliabile far ruotare all’interno del reparto prodotti caldi per soddisfare tutti i clienti; il cliente della sera non è uguale al cliente della mattina».

Secondo i dati elaborati dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) dall’inizio del 2010 si registra un sensibile calo nell’acquisto di pane (-3,5%), una contrazione che ha raggiunto il -12% nell’ultimo biennio. Questo trend è confermato anche dall’ultimo rapporto annuale dell’Istat sui consumi degli italiani, dai cui dati emerge che la spesa per il pane nel 2009 è calata del 3,3% rispetto ai valori del 2008. Tra le ragioni di tale tendenza c’è sicuramente il cambiamento degli stili di vita dei consumatori, ma anche la concorrenza delle alternative al pane tradizionale che sembrano attirare molto di più il consumatore: crescono infatti cracker, grissini e pane in cassetta, approfittando dell’impennata dei prezzi del pane fresco degli ultimi anni. Il prezzo medio nazionale del pane è di 2,63 euro al chilogrammo, anche se la variabilità tra regione e regione è molto elevata: si va infatti dall’1,67 euro dell’Umbria ai 3,87 euro del Veneto.

Il rapporto dell’Istat, inoltre, ci evidenzia un dato importante in termini di ripartizione geografica. Al Sud, infatti, i panificatori possono contare su una clientela molto più affezionata rispetto al Nord e al Centro, dove invece gli acquisti vengono effettuati prevalentemente presso la grande distribuzione, con punte che superano il 70%, mentre nel Mezzogiorno il dato si inverte e ben il 76,9% delle famiglie continua ad acquistare presso il negozio tradizionale.

«Credo che la qualità del prodotto che si trova nel reparto panetteria nei supermercati sia sostanzialmente la stessa di quella dei panifici – afferma Lucia Bruzzone, responsabile comunicazione di Basko del Gruppo Sogegross – soprattutto quando la produzione avviene all’interno degli spazi della Gdo, cosa che permette di vendere un prodotto appena sfornato, con pochissimo tempo intercorso tra la produzione e la vendita. Il ruolo del fornaio tradizionale continua ad essere riconosciuto come elemento di tradizione, di abitudine, di prossimità e di servizio, ma il reparto panetteria della Gdo può soddisfare appieno le esigenze dei consumatori, sia in termini di assortimento (vedi anche proposta di prodotti tipici regionali), che di fasce di prezzo».

Dai risultati di una recente indagine realizzata da Swg per la Federazione italiana panificatori pasticceri e affini (Fippa) emerge che il peso della concorrenza sferrata dalla Gdo negli ultimi anni è fortemente sentito dai fornai italiani. Il calo della domanda di pane fresco, infatti, viene attribuito dall’84% degli intervistati sia all’influenza della crisi economica sia all’offerta della Gdo, e il 76% ne attribuisce chiaramente la responsabilità alla grande distribuzione.
«L’industria della panificazione – dichiara Dino Lenci, direttore generale dei Forni Riuniti Valpan – ha raggiunto un alto grado di qualità che sta superando, a mio avviso, quella della maggior parte dei fornai artigianali. Sono molti i fattori che stanno determinando questo fenomeno, uno su tutti il ricambio, sempre più difficile nei forni artigiani, del personale specializzato; ne consegue che la professionalità va sempre più scemando a discapito della qualità. Nel caso dell’industria, si ha più facilità nel reperire manodopera: vedi turni più variabili, ferie più certe, ambienti di lavoro più moderni, più possibilità di formare e preparare il personale e inoltre c’è l’aiuto della tecnologia che l’impresa può avere».

Sempre dalla ricerca realizzata da Swg per Fippa emerge che in termini di luoghi d’acquisto del pane gli italiani badano prima di tutto al buon sapore e alla qualità, tutte caratteristiche che si possono più facilmente trovare nei panifici artigiani per il 71% degli interpellati, mentre quando si mette in primo piano la comodità, la scelta si orienta verso la Gdo per il 62% del campione.

[continua su «Largo Consumo»]