Le difficoltà di chi spreme olive

di Fabio Massi

Dopo un anno molto negativo alle spalle, anche le prospettive legate al prossimo futuro sembrano tutt’altro che rosee per i produttori italiani di olio, per cui servirebbe un intervento deciso della politica.

Nubi decisamente grigie stazionano sui cieli dell’olio d’oliva italiano, con le aziende del settore che cercano con ogni sforzo un riparo sicuro, mentre l’ombrello della politica sembra rimanere ancora ben chiuso. È il quadro poco rassicurante che emerge dal “Monitoraggio degli oli d’oliva e di sansa” condotto dall’Associazione italiana dell’industria olearia (Assitol) secondo cui, dopo un 2009 molto difficile, il settore sta attraversando un 2010 ancora in salita. Dall’indagine – realizzata con il sostegno dell’Unione europea e dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) – risulta che nel 2009 le vendite di oli d’oliva e di sansa confezionati dalle imprese associate Assitol (i cui numeri rappresentano complessivamente una quota superiore al 50% dell’olio commercializzato sul mercato nazionale e di quello destinato alle esportazioni) si sono attestate sulle 252.182 tonnellate, con un calo dell’11% rispetto all’anno precedente durante il quale, invece, si era registrata una sostanziale stabilità nei confronti del 2007.

La tendenza negativa ha caratterizzato soprattutto i primi mesi del 2009, quando l’acuirsi della crisi economica e finanziaria ha costretto molti operatori commerciali a ridurre le giacenze di prodotto, ma anche l’ultimo trimestre in concomitanza con il calo dei prezzi delle materie prime sui principali mercati di produzione. Gli oli extravergini hanno rappresentato la fetta principale dei volumi venduti con il 65,7% del totale (165.692 tonnellate), anche se hanno evidenziato una contrazione del 9,4% rispetto allo scorso anno, mentre le vendite degli oli d’oliva hanno sfiorato le 78.500 tonnellate (il 31,1% del totale), perdendo il 15,2% sul 2008. Gli oli di sansa, infine, superando le 8.000 tonnellate (pari al 3,2% dei volumi complessivi), sono l’unico segmento ad aver fatto registrare un risultato positivo, seppur modesto (+2,3%). All’interno della categoria degli extravergini, l’olio extra convenzionale concentra su di sé la gran parte delle vendite del segmento con una quota dell’87,7% (145.836 tonnellate), mentre il resto dei volumi è movimentato soprattutto dall’extravergine a origine dichiarata con il 10,1% (16.701 tonnellate) e in misura molto marginale dagli oli di produzione biologica e dai Dop/Igp con, rispettivamente, l’1,9% e lo 0,2% (3.189 e 416 tonnellate).

Tutte le tipologie all’interno del segmento degli extravergini hanno evidenziato considerevoli contrazioni rispetto alle vendite del 2008: biologici -28,5%, Dop/Igp -27,4%, extra convenzionale -10,2%, unica eccezione gli oli a origine dichiarata che hanno visto aumentare i volumi venduti del 4,5%. Se si considerano le vendite registrate per ciascun mese dello scorso anno si può notare come l’andamento della commercializzazione degli oli sia stato piuttosto altalenante, con un minimo toccato a gennaio (15.241 tonnellate) e ad agosto (17.490), mentre le migliori performance sono state registrate a marzo, luglio e settembre, tutti i mesi in cui i quantitativi venduti hanno superato le 25.000 tonnellate. I risultati dello studio confermano ancora una volta la marcata propensione delle aziende monitorate all’export essendo cresciuta, nel corso del 2009, la quota dei volumi commercializzati sui mercati esteri che ha raggiunto il 60,7% del totale, pari a 153.061 tonnellate, contro le 99.121 vendute in Italia (39,3%).

L’offerta movimentata sul mercato interno ha riguardato per il 70,8% l’olio extravergine (70.185 tonnellate), per il 26,2% l’olio d’oliva (25.931) e per il 3% quello di sansa (3.005 tonnellate). Nel segmento dell’extravergine, la parte predominante è stata appannaggio dell’extra convenzionale con il 93,5% delle vendite della categoria, mentre l’extra a origine dichiarata ha rappresentato il 5,2% dell’offerta, chiudono gli oli di produzione biologica e Dop/Igp con rispettivamente lo 0,8% e lo 0,4%. In termini di distribuzione – sempre considerando il mercato interno – lo scorso anno la Gdo è stato il principale soggetto destinatario, a cui è andato circa l’80% delle vendite complessive effettuate dalle imprese monitorate. Più nel dettaglio, la grande distribuzione ha raggiunto quantitativi piuttosto elevati per l’olio d’oliva (84,1% del totale) e per l’extravergine (80,3%), mentre per l’olio di sansa la quota è stata molto più contenuta (23,1%). All’interno della categoria degli extravergini, la Gdo ha assorbito l’83,5% del totale nazionale dei volumi commercializzati di extra convenzionale, mentre ha nettamente ridotto la quota per l’extra a origine dichiarata fino al 39,3%.

Per gli oli Dop/Igp e per quelli di produzione biologica, infine, le quote di mercato si sono attestate rispettivamente al 38,3% e al 18,8% dell’offerta complessiva. Nel corso del 2009 la dinamica commerciale fatta registrare dalle imprese oggetto del monitoraggio sul mercato italiano rispetto all’anno precedente è stata negativa, con una diminuzione tendenziale del settore del 12,7%, dovuta maggiormente alle cattive performance degli oli d’oliva (-17,3%) e degli extravergini (-11,7%), mentre gli oli di sansa hanno evidenziato un aumento del 12%. Il trend delle vendite nel corso dell’anno è stato piuttosto regolare, con i volumi mensilmente commercializzati che si sono attestati su una media di 8.260 tonnellate, con valori più alti a marzo, nel bimestre giugno-luglio e a settembre. All’andamento negativo registrato sul mercato interno – che ha interessato sia la grande distribuzione organizzata (-12,4%) sia il dettaglio tradizionale (-14%), lasciando sostanzialmente inalterati gli equilibri delle due tipologie distributive sul mercato nazionale – ha corrisposto, in parte, una certa contrazione dei consumi delle famiglie italiane.

Dai dati Ismea/AcNielsen homescan sulla domanda interna complessiva di oli d’oliva nel 2009, infatti, emerge un calo degli acquisti dell’1,9%, con l’extravergine che segna un -1,4%, l’olio d’oliva un -4,5% e l’olio di sansa un -2,8%. È interessante notare le due dinamiche praticamente opposte, sempre tra i consumi domestici, degli oli Dop/Igp che hanno evidenziato un pesante -13,6% e di quelli a produzione biologica che, al contrario, hanno messo a segno un brillante +9,8%. In termini di tipologie distributive, la contrazione dei consumi domestici è stata consistente sia nella Gdo, soprattutto nei supermercati (mentre i discount hanno fatto registrare un aumento del +13,3%), sia nel dettaglio tradizionale che ha subito un vero e proprio crollo (-29,9%). Anche per ciò che concerne le esportazioni il 2009 è stato piuttosto negativo per le imprese monitorate, le quali hanno fatto registrare una flessione dei volumi venduti del 9,8%. Delle oltre 150.000 tonnellate immesse sui mercati internazionali, il 62,4% è costituito da oli extravergini (-7,7%), il 34,3% da oli d’oliva (-14,1%) e il 3,3% da oli di sansa (-2,7%).

Tra i singoli segmenti della categoria degli extravergini l’unico segno positivo è quello realizzato dalle vendite dell’extra a origine dichiarata (+6,7%), mentre tutti gli altri oli hanno avuto un andamento negativo, in particolare i Dop/Igp (-58,1%) e i biologici (-34,8%). Le esportazioni di oli d’oliva si sono attestate su una media mensile, per il 2009, di 12.755 tonnellate, con dei picchi verso l’alto nei mesi di marzo, luglio e ottobre, mentre il minimo dei quantitativi commercializzati all’estero è stato registrato a gennaio, mese in cui si è andati appena sopra le 9.000 tonnellate. Il 53,5% delle esportazioni, pari a circa 81.914 tonnellate, è stato destinato a intermediari commerciali, un dato in palese ribasso rispetto all’anno precedente, quando la quota raggiungeva il 70,5%. La deludente performance dell’export italiano durante lo scorso anno è certamente una conseguenza della crisi economica e finanziaria internazionale che perdura ormai da diverso tempo, il cui peso si è fatto sentire soprattutto nei primi mesi del 2009, sfavorendo in particolar modo i prodotti a prezzo più elevato e spingendo molti consumatori a guardare verso oli più a buon mercato. Ma a parte la congiuntura economica mondiale, sulle esportazioni pesa la progressiva perdita di competitività delle nostre imprese nei confronti di una concorrenza straniera sempre più agguerrita, in grado di aggredire il mercato italiano su più fronti. Come hanno mostrato i risultati del monitoraggio Assitol, la scelta di puntare sull’appeal del “Made in Italy” non si è rivelata vincente e a poco più di un anno dall’entrata in vigore del Regolamento europeo sull’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extravergini d’oliva (Ce n. 182/2009) non si è ottenuto quel valore aggiunto auspicato dai promotori di tale iniziativa…

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