Piccole e sane sfiziosità

di Fabio Massi

I vari lamponi, more, ribes, fragoline sono sempre più apprezzati dai consumatori italiani, anche se sono ancora considerati come una sfiziosità destinata a particolari circostanze, soprattutto a causa del fattore prezzo. I punti di forza del settore.

Mirtilli, ribes, more, lamponi e fragoline – i cosiddetti “frutti di bosco” o “piccoli frutti” – sono prodotti che hanno saputo conquistare uno spazio sempre più importante nei consumi delle famiglie italiane. Un tempo raccolti esclusivamente in ambienti boschivi e montani, oggi i piccoli frutti vengono coltivati in maniera piuttosto diffusa – ma anche importati – per soddisfare la crescente domanda non soltanto dei consumatori come frutta fresca, ma anche dell’industria della trasformazione alimentare per la preparazione di dolci, succhi, marmellate, sciroppi, yogurt, senza dimenticare il settore erboristico e cosmetico.

Secondo i numeri elaborati dal Centro servizi ortofrutticoli (Cso) su dati Istat, la superficie investita per la coltivazione dei piccoli frutti si aggira sui 700 ettari per una produzione complessiva che supera abbondantemente le 5.000 tonnellate, di cui 1.900 di lamponi, 600 di ribes rossi, 100 di ribes neri e 2.600 di altre bacche come more, mirtilli, fragoline.
La produzione dei piccoli frutti si concentra soprattutto in tre regioni del Nord, che forniscono quasi l’80% dell’intero quantitativo nazionale: il Trentino Alto Adige (40%), il Piemonte (29%) e la Lombardia (9%). Nel Meridione, invece, si distinguono soltanto Calabria e Sicilia, che pesano rispettivamente per il 2% e l’1% del totale.

La produzione nazionale dei piccoli frutti non è assolutamente sufficiente a coprire i volumi commercializzati nel nostro Paese e circa il 70% proviene dall’estero, soprattutto dall’Europa settentrionale, dagli Stati Uniti, dal Sud America e dalla Spagna. Proprio quest’ultima, insieme a diversi Paesi latinoamericani, svolge un ruolo fondamentale per rifornire il mercato italiano nella stagione invernale, quando la nostra produzione è quasi ferma.
Il settore dei piccoli frutti è uno dei pochissimi segmenti dell’ortofrutta che in questi anni di crisi economica e di stagnazione dei consumi ha mostrato dinamiche tutto sommato positive, mettendo a segno numeri interessanti. Proviamo allora a capire quali sono i punti di forza del comparto che hanno contribuito a realizzare un simile successo.

«In generale, abbiamo cercato di rispondere alla crisi – afferma Carlo Manzo, direttore di Ortofruit Italia – facendo leva sulla territorialità abbinata alla qualità, alla salubrità e alla sicurezza del prodotto venduto che – nel caso del sottobosco – afferma di per sé un evidente plusvalore salutistico, ben noto al consumatore finale. In particolare, nell’ultimo biennio, la transizione verso un’economia sostenibile ed efficiente nell’uso delle risorse produttive ha assunto un valore prioritario nelle strategie aziendali. L’innovazione attualmente adottata si avvicina molto al modello di “sistema agricolo diversificato”, caratterizzato cioè da una particolare attenzione alla produzione locale, alla pratica degli agricoltori, ai principi dell’agro-ecologia e agli approcci in grado di limitare le esternalità ambientali negative e impattanti: un sistema che, di suo, promuove la biodiversità intesa come “sistema socio-ecologico”, in cui produzione e relazioni sociali sono fortemente interconnesse. Questa linea strategica è oggettivamente il frutto di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione avviato da anni con il Dipartimento Scienze agrarie e forestali dell’Università di Torino (Disafa) che, grazie all’esperienza del “Quality-Lab” (un laboratorio di ricerca permanente attivato nel nostro magazzino di lavorazione di fragole e piccoli frutti a Peveragno, in piena area pedemontana), ci ha aiutato a migliorare la gestione dei frutti di bosco nelle diverse fasi della filiera».

Anche se considerati principalmente una sfiziosità destinata a particolari circostanze, da consumare non tutti i giorni come avviene per le banane, le mele o le pesche, i piccoli frutti sono molto apprezzati dagli italiani per la loro immagine di salubrità e genuinità. Oltre al loro basso contenuto calorico, infatti – che li rende accessibili a tutti e particolarmente indicati nelle diete ipocaloriche – i piccoli frutti sono molto ricchi di valori nutrizionali benefici per il nostro organismo: vitamine (A, C e alcune del gruppo B), sali minerali, acidi organici e sostanze aromatiche antiossidanti.

«Rispetto ad altri prodotti del settore ortofrutticolo – spiega Sara Bellini, marketing manager di Sant’Orsola – il segmento dei piccoli frutti mostra dinamiche tutto sommato positive. Le motivazioni che spingono all’acquisto di questi prodotti, legate al benessere e a un concetto più ampio di stare bene in generale, rimangono immutate anche in periodi caratterizzati da crisi economica e stagnazione dei consumi. L’acquisto di questi prodotti, inoltre, è una spesa occasionale e non giornaliera, legata per lo più a occorrenze “speciali”. Ci risulta però difficile definire il 2013 un anno di successi, perché a fronte di un incremento dei costi di produzione in campagna non corrisponde un incremento dei prezzi di vendita. Ciò si traduce in una riduzione della marginalità al produttore, il cuore, il centro, l’anima di una cooperativa. La nostra mission è la valorizzazione della produzione conferita dai soci, che si ottiene remunerando in maniera adeguata le fatiche del coltivare. Se consideriamo il segmento “piccoli frutti”, inoltre, vi sono diverse criticità che limitano l’ulteriore sviluppo della commercializzazione di questi prodotti, tra cui la scarsa visibilità all’interno dei punti vendita: una recente ricerca di mercato, infatti, ha evidenziato che un consumatore su due acquista piccoli frutti solo se li vede correttamente esposti. Questa indicazione ha portato la nostra azienda a investire, negli ultimi anni, risorse e impegno sulla valorizzazione dei prodotti nel punto vendita attraverso attività di trade marketing ideate ad hoc, come il posizionamento di vetrine frigorifero brandizzate all’interno della gdo».

Proprio il corretto mantenimento della catena del freddo è una delle maggiori criticità della filiera dei piccoli frutti, poiché questi prodotti sono caratterizzati da una veloce deperibilità che, insieme al prezzo piuttosto elevato e alla spiccata stagionalità, condiziona il loro sviluppo commerciale. Ciononostante, i piccoli frutti non hanno subito le flessioni che molti altri prodotti ortofrutticoli hanno mostrato con la crisi economica e con il conseguente calo dei consumi, ma anzi hanno evidenziato una crescita costante e graduale…

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