Quando il panino è fuori legge

di Fabio Massi

Offrire al pubblico alimenti e bevande senza le debite autorizzazioni è grave, sia perché causa un danno economico miliardario agli operatori “legali”, sia perché sfugge ai controlli del fisco.

Feste rionali, sagre paesane, falsi agriturismi, circoli sportivi e culturali sono tutte potenziali occasioni per somministrare in maniera abusiva alimenti e bevande. Si tratta di una consuetudine o, meglio, di una concorrenza sleale che penalizza pesantemente il settore dei pubblici esercizi regolari. Secondo le stime elaborate dal Centro studi di Fipe aderente a Confcommercio, infatti, il valore complessivo del giro d’affari prodotto dalla somministrazione abusiva di alimenti e bevande ammonta a 5 miliardi di euro.

Com’è possibile realizzare una simile cifra? A favorire questi guadagni è soprattutto un sistema normativo confuso e incompleto, a volte troppo morbido nei confronti di alcuni soggetti, per i quali prevede disposizioni privilegiate. Ma andiamo con ordine. I 35.000 circoli privati sparsi su tutto il territorio nazionale, ad esempio, sfruttano una normativa fiscale molto favorevole per la ristorazione se offerta come attività accessoria, ristretta a particolari occasioni e riservata esclusivamente ai propri soci. Nella realtà, invece, i bar e i ristoranti del 75% dei circoli sportivi e culturali effettuano la somministrazione di alimenti e bevande in maniera prevalente e continuativa, che genera entrate per 2,7 miliardi di euro. Tra questi club privati, inoltre, ce ne sono molti che nascono unicamente per fare ristorazione e intrattenimento. Se si pensa, poi, agli introiti provenienti da attività connesse come feste, serate a tema, lotterie a premi, spettacoli, il volume d’affari complessivo stimato da Fipe raggiunge i 4,3 miliardi di euro.

Altro fenomeno parzialmente abusivo è quello delle sagre paesane, che interessa soprattutto i centri di medie e piccole dimensioni. Da una parte, con il pretesto della tipicità, si realizzano feste e celebrazioni che diventano l’occasione per vendere qualunque prodotto e per fare ristorazione eludendo il fisco, dall’altra ci sono le strutture costruite appositamente per sagre stagionali ma di fatto utilizzate in maniera permanente per somministrare alimenti e bevande senza alcuna autorizzazione amministrativa né obblighi fiscali. Il fatturato raggiunto ogni anno dalle oltre 27.000 sagre che si svolgono nel nostro Paese si aggira sul mezzo miliardo di euro. Circa 1,6 miliardi di euro, invece, provengono dagli introiti dei falsi agriturismi che usufruiscono di diverse agevolazioni, come il regime forfettizzato dell’Iva, i finanziamenti comunitari della Pac e le facilitazioni in materia di destinazione d’uso degli edifici. Si tratta di vere e proprie truffe, poiché questi esercizi abusivi non vendono prodotti della propria terra – anzi spesso neppure li producono – ma cibi acquistati al di fuori dell’azienda. Poi ci sono i chioschi che si trovano lungo le strade e che si moltiplicano in occasione di concerti, eventi culturali, feste di quartiere.

Molto spesso si tratta di esercizi con regolare licenza di ambulantato, ma che in realtà svolgono attività di ristorazione su sede fissa. In tema di bevande, inoltre, c’è da considerare che nei luoghi del divertimento serale e notturno – com’è emerso da un’indagine Fipe-Censis – sono molto frequenti le attività di vendita di alcolici da parte di soggetti completamente abusivi, con conseguenze non soltanto economiche e commerciali, ma anche di carattere sociale e di sicurezza stradale. Fipe ha individuato anche fenomeni di concorrenza sleale che stanno emergendo negli ultimi anni. È il caso dei locali nati come attività artigiane o alimentari che da una certa ora in poi propongono abusivamente la somministrazione di bevande.

Ancora più recente è la pratica dell’utilizzo di case private per la ristorazione senza rispettare né le norme in materia fiscale né quelle per la destinazione d’uso dei locali, la previdenza o la sicurezza alimentare. Tutte queste consuetudini di abusivismo rappresentano una spina nel fianco soprattutto per quegli esercizi pubblici regolari che con molte difficoltà cercano di mandare avanti il proprio business in un periodo sempre più complicato dalla congiuntura economica. Dagli archivi delle Camere di commercio, infatti, emerge che a dicembre 2013 erano attive 315.665 imprese dedite ai servizi di ristorazione, di cui più di 148.000 bar e caffè (46,9% del totale), 164.500 ristoranti fissi e mobili (52,1%) e poco meno di 3.000 mense e catering (0,9%)…

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