Il riciclo come scienza

di Fabio Massi

A che punto siamo in Italia con la raccolta e il riciclo della plastica? Qualche risposta e proposta per il futuro è scaturita da un incontro organizzato a Roma da Legambiente e da Corepla.

La plastica è oggi protagonista in ogni tipo di imballaggio commerciale e industriale. Non c’è prodotto che ne possa fare a meno per il suo trattamento, stoccaggio, trasporto, protezione e conservazione. Ma a che punto siamo in Italia con la raccolta e il riciclo di questo importante materiale? Qualche risposta e qualche proposta per il futuro è scaturita nel corso di un recente incontro organizzato a Roma da Legambiente e dal Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi di plastica (Corepla). Partiamo prima da qualche numero. Nel 2014, i 7.000 comuni italiani attivi nel sistema Corepla hanno raccolto 830.000 tonnellate di imballaggi di plastica a fronte di oltre 2 milioni di tonnellate immesse al consumo (quindi circa il 40% del totale), facendo registrare un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. Da questa raccolta sono state riciclate più di 450.000 tonnellate di plastica, cui se ne sono aggiunte altre 320.000 provenienti da operatori industriali indipendenti. Più di 350.000 tonnellate, invece, sono state utilizzate come materie prime energetiche, avviate cioè all’incenerimento nei cosiddetti termovalorizzatori, insieme ad altre 580.000 tonnellate derivate da operatori indipendenti. Le tonnellate non recuperate e destinate in discarica, infine, sono state circa 365.000.

Ricapitolando i dati diffusi da Corepla, lo scorso anno il 38% dei rifiuti di imballaggi di plastica immessi al consumo è stato riciclato, il 44,5% è stato utilizzato come combustibile e il 17,5% non è stato recuperato e smaltito in discarica. «In Italia il sistema dei consorzi è stato molto efficace e ha prodotto ottimi risultati – afferma Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera – un modello replicabile in altri paesi, anche più del cosiddetto “dual system” tedesco, che è molto oneroso per le industrie (i produttori di imballaggi sono direttamente responsabili della raccolta, ndr). Abbiamo in Italia punti d’eccellenza nella raccolta differenziata, anche nel Meridione, seppure spesso manca il sistema come nel caso della Sicilia. Ad esempio, Milano è la città europea, insieme a Vienna, sopra il milione di abitanti con la quota più alta di raccolta differenziata, mentre nel mondo, sempre tra i grandi centri, è quella con la migliore percentuale di raccolta dell’umido. L’Italia, inoltre, è il primo paese in Europa per recupero dei materiali e questo non è frutto delle politiche, ma dei nostri cromosomi antichi, perché esempi come gli stracciaroli di Prato, i rottamatori di Brescia, le cartiere della Lucchesia sono espressione della nostra cultura, quella di un paese povero di materie prime che ha aguzzato l’ingegno e ha costruito filiere che ottimizzano la materia prima. Penso che “rifiuti zero” non sia più una parola d’ordine romantica, ma una prospettiva tecnologica industriale su cui si muovono i saperi. Il cambiamento oggi è velocissimo e noi dobbiamo inserirci con politiche industriali ed economiche».

Per un cambiamento efficace, Legambiente e Corepla propongono una serie di linee guida, a cominciare dalla rimodulazione dell’ecotassa – il tributo speciale per il deposito dei rifiuti solidi definito dalla legge 549/1995 – dall’attuale limite massimo di 25 euro per tonnellata a un minimo di 50 euro a tonnellata, prevedendo sconti progressivi per i comuni in base al raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata e di riciclo. «Pensare di non aumentare l’eco-tributo – spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente – è come mettere in strada la nuova Ferrari senza la benzina. È evidente che serve una politica di sistema, ma non senza un elemento che dia un segnale importante d’inversione di tendenza agli enti locali, innescando comportamenti virtuosi. È urgente, inoltre, mettere mano alla giungla degli incentivi ambientali, poiché in Italia sono ancora in vigore aiuti istituiti venti o trenta anni fa e che oggi sono del tutto inutili rispetto al sistema Paese. Bisogna pensare che siamo entrati nell’era della fine del petrolio, che non è la sua fine fisica, piuttosto il tramonto della sua egemonia come fonte energetica, soprattutto nella produzione di energia e nei trasporti. Il petrolio non finirà a breve, quindi noi convivremo ancora per decenni con la plastica prodotta dal petrolio, ma questo servirà sempre meno per la mobilità e a produrre energia».

In tema di fonti energetiche, oggi – come già accennato in precedenza – una parte consistente dei rifiuti di materie plastiche da imballaggio viene avviata all’incenerimento per la produzione di energia. Si tratta di una modalità che suscita nel nostro Paese animate polemiche sia sulle criticità legate all’emissione da parte dei termovalorizzatori di sostanze nocive sia sul fatto che il recupero energetico delle materie plastiche non sarebbe un’efficace alternativa alla discarica. Anzi la alimenterebbe: un’importante quantità di rifiuti speciali come ceneri e scorie pericolose, infatti, prodotta dalla combustione che avviene all’interno degli inceneritori, non può che essere destinata in discarica. «La nostra missione è riciclare materie plastiche – dichiara Giorgio Quagliuolo, presidente di Corepla – ma non ci possiamo nascondere dal fatto che una parte dei materiali non è riciclabile con la tecnologia oggi disponibile, perciò può essere destinata a sostituire combustibili non ecologici come il carbone. La cosa importante è che questi materiali vengano preparati e inceneriti correttamente in impianti tecnologicamente adeguati, come avviene ad esempio a Vienna o a Parigi che hanno termovalorizzatori in piena città e non mi sembra che da quelle parti ci sia una scarsa attenzione verso i temi ambientali. Tra le varie azioni che noi chiediamo alla politica è cercare di mettere in atto le leggi che già ci sono, ma non vengono mai applicate, come quella che prevede il commissariamento di quei comuni che non adempiono alla corretta gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata. Inoltre, siamo convinti sostenitori di una differenziazione contributiva modulata in maniera da gravare meno sulle frazioni più riciclabili e in misura maggiore su quelle non riciclabili, nell’ottica di sensibilizzare l’industria verso l’utilizzo di materie plastiche che possano essere completamente riciclate».

Le altre proposte avanzate da Legambiente e Corepla riguardano l’istituzione di un sistema di Iva agevolata per i manufatti realizzati con una percentuale minima di materiale riciclato, l’obbligo di rispettare criteri minimi ambientali negli appalti per beni, servizi e opere, l’incremento dell’informazione e della fiducia sul territorio attraverso una legge che favorisca nuovi modelli partecipativi e, in ultimo, una tariffazione premiante per le utenze domestiche e produttive virtuose. «Le proposte di Legambiente e Corepla suscitano un particolare interesse da parte nostra – afferma Andrea Bianchi, direttore delle politiche industriali di Confindustria – e credo che dobbiamo costruire insieme una politica industriale del settore che abbia alcune grandi linee di intervento. La prima si basa sull’aumento del volume di raccolta differenziata, poiché oggi sprechiamo circa il 40% dei materiali immessi al consumo, con situazioni particolarmente gravi in alcune aree del Paese. Poi è necessario incrementare le opportunità di sbocco commerciale dei materiali derivanti da riciclo, attraverso il sistema del green public procurement (gli acquisti verdi da parte della pubblica amministrazione, ndr) e con un meccanismo di certificazione dei prodotti che aiuti il consumatore in una scelta consapevole. Inoltre, bisogna assolutamente aumentare le porzioni di materiale riciclabile attraverso la ricerca, come nel caso dell’accordo tra Cnr e Conai, oltre a politiche di incentivazione mirate proprio alle attività di ricerca e sviluppo. Il passaggio da un’economia lineare a una circolare è il fattore fondamentale che potrà consentirci nei prossimi anni di mantenere una forte competitività del sistema industriale e di garantire al tempo stesso condizioni di sostenibilità ambientale dei processi industriali e di sviluppo».

Le criticità legate al riciclo delle materie plastiche come la difficoltà di reperire nuovi siti da destinare a discariche, i rischi ambientali associati all’incenerimento e la raccolta differenziata ancora poco sostenuta in alcune regioni del Paese rendono necessarie strategie di intervento alternative nella gestione dei rifiuti. I molti settori di applicazione delle materie plastiche, inoltre, rendono ancora più complesse le attività di riciclo, poiché ogni materia ha le sue problematiche non solo in termini di composizione, ma anche di processo. Secondo i dati diffusi dal Cnr, gli imballaggi assorbono in Italia oltre il 45% della produzione complessiva di materie plastiche, l’edilizia oltre l’11%, l’arredamento il 6%, così come le comunicazioni, mentre l’agricoltura il 3%.

[continua su «Largo Consumo»]