Vini in sintonia con la natura

di Fabio Massi

Biologico in forte crescita anche nel settore enologico in Italia: merito di valori come la qualità e la sostenibilità, sempre più apprezzati dai consumatori.

Se da una parte il ridotto poter d’acquisto delle famiglie italiane ha inciso profondamente sulle abitudini dei consumatori, limitando i volumi e imponendo un’accentuata razionalizzazione della spesa, anche con un crescente ricorso alle marche commerciali, dall’altra la grande attenzione alla salute e al benessere ha stimolato lo sviluppo del mercato del biologico alimentare. E il vino non ha fatto eccezione.

I vigneti biologici in Italia continuano a crescere anno dopo anno e oggi – secondo i dati Ismea – superano abbondantemente i 72.000 ettari, pari all’11,3% della superficie vitata complessiva, ponendo il nostro Paese al secondo posto in Europa, dopo la Spagna (84.400 ettari) e prima della Francia (66.000 ettari). Oltre i due terzi della superficie biologica nazionale si concentrano in tre sole regioni: Sicilia (27.105 ettari, 37% del totale e +43% rispetto al 2011), Puglia (10.269 ettari, +22%) e Toscana (9.243 ettari, +46%).
In termini commerciali, lo scorso anno – secondo l’analisi realizzata dall’osservatorio Wine monitor di Nomisma e presentata in occasione dell’ultimo Vinitaly – le vendite di vino biologico hanno raggiunto complessivamente i 205 milioni di euro, di cui 68 milioni realizzati sul mercato interno (compresi tutti i canali) e 137 milioni sulle piazze internazionali, con un aumento del 38% rispetto a quanto fatto registrare nel 2014. Tre aziende su quattro che producono vino biologico lo esportano all’estero, soprattutto in Germania che genera il 38% del fatturato complessivo dell’export, ma anche negli Stati Uniti (15%) e in Svizzera (9%).

Crescono anche i consumatori che si avvicinano e apprezzano questo particolare prodotto: negli ultimi 12 mesi, infatti, il 21% della popolazione italiana over 18 – in pratica 10,6 milioni di persone – ha bevuto in almeno un’occasione, in casa o fuori, vino biologico certificato, una percentuale in forte incremento visto che nel 2014 era del 12% e nel 2013 appena del 2%.
«I fattori di questa crescita sono diversi – spiega Silvano Brescianini, vicepresidente e direttore di Barone Pizzini Franciacorta 1870 – in primis, il consumatore è sempre più sensibile alle tematiche ambientali. Dobbiamo anche considerare che negli ultimi anni, finalmente, la ricerca sta portando soluzioni e informazioni preziose, lo sviluppo del know-how è determinate. Da tempo, inoltre, la qualità dei vini è in aumento e questo è positivo per tutti. Occorre incrementare la consapevolezza tra i consumatori investendo soprattutto in “esperienze”, quali ad esempio le visite in vigneto e cantina, al fine di trasmettere i valori intrinseci del biologico, come la biodiversità».

La produzione dei vini biologici ha sicuramente un minore impatto sull’ambiente non essendoci trattamenti chimici in vigneto, ma alcune aziende non si limitano soltanto a questo e adottano anche molte altre attività ecosostenibili.
«Proponiamo un modello di business basato sull’integrazione di valori di natura etica all’interno della visione strategica – afferma Luca Cielo, direttore di Cielo e Terra – e produciamo nel rispetto ambientale con un notevole risparmio di risorse, indirizzando verso questo scopo la ricerca, lo sviluppo e tutta l’attività produttiva.
Ekuò è la nostra linea di vino bio-solidale ideata per testimoniare l’impegno ambientale ed ecosostenibile, e parte dei proventi contribuisce alla realizzazione di molte attività di solidarietà promosse dall’associazione no profit Murialdo world onlus, con la quale abbiamo stretto da tempo una partnership, sostenendo campagne per la responsabilità ambientale e iniziative solidali in zone sottosviluppate.
Ogni anno la nostra azienda porta avanti numerose iniziative volte alla sostenibilità e alla gestione responsabile ed ecocompatibile delle risorse, dalla scelta dei materiali utilizzati alle tecnologie di processo».

Il vino biologico porta con sé tutta una serie di valori strettamente legati all’ecosostenibilità e a scelte etiche, aspetti che stanno facendo sempre più breccia tra le persone, senza dimenticare, però, la qualità.
«Il consumatore è sempre più alla ricerca di prodotti che coniughino la salubrità alla qualità organolettica. Vuole esser sicuro che la sua scelta edonistica non lo penalizzi – dichiara Leonardo Raspini, direttore generale di Cecchi – e il vino, passando da alimento a elemento della tavola, non può prescindere dalla necessità di essere buono e sano. Ecco perché il trend biologico anche nel nostro mondo è in aumento. Fra l’atro, con il passare degli anni le tecniche agronomiche ed enologiche ci hanno permesso di capire al meglio le interazioni fra il vigneto e l’ambiente e sfruttare al meglio le capacità intrinseche della pianta per reagire alle avversità climatiche e biologiche, e fare in modo che anche in cantina si possa utilizzare meno additivi come la solforosa.
Pensiamo che la qualità dei vini da agricoltura convenzionale o da agricoltura biologica siano oramai di pari livello. La percezione della maggiore qualità del biologico è dovuta in gran parte alla sensibilità del cliente che apprezza in partenza il carattere della provenienza biologica del vino. E per far apprezzare al meglio questo plus non c’è leva migliore che fargli scoprire il territorio di provenienza e il lavoro che si fa nelle cantine. Il turismo enogastronomico può essere il punto di contatto fra il mondo della produzione e l’appassionato consumatore di una bottiglia di vino biologico».

Altro elemento fondamentale per un’azienda di questo settore, perciò, è saper comunicare ogni specificità che caratterizza un bicchiere di vino bio.
«Per quanto possibile, occorre stare attenti e fare una distinzione – spiega Salvatore Cicco, titolare di Tenuta San Giaime – tra le aziende che producono vini biologici per sincera adesione a questi principi (in generale si tratta di piccole cantine) e altre che seguono le tendenze e le scelte che il marketing indica (perlopiù, imprese di dimensioni maggiori). In altri termini, chi produce vini biologici per passione e scelta di vita non si limita a seguire i disciplinari, ma va anche oltre, rispettando e seguendo i tempi della natura, in quanto è meno vincolato dagli obiettivi dei bilanci aziendali. Nella nostra realtà è capitato, anche recentemente, di rinunciare a una parte del raccolto, perché le condizioni meteorologiche non ci avevano consentito di ottenere un prodotto ottimale.
Per aumentare la consapevolezza dei consumatori nei confronti del consumo dei prodotti biologici, la strada maestra è fondata innanzitutto su una informazione corretta, approfondita e mirata da parte delle istituzioni, degli operatori, delle associazioni professionali e naturalmente dei media, con l’obiettivo di convincere i consumatori che adottare uno stile di vita sano è vantaggioso sia per ogni singolo individuo sia per la collettività nel suo insieme».

Il successo dei vini biologici si deve perciò a più di un fattore: tendenze salutistiche di molti consumatori, scelte etiche ed ecosostenibili delle aziende, elevata qualità dei prodotti e una comunicazione mirata, anche se con ampi margini di miglioramento.
«La maggiore attenzione alla salute e alla sostenibilità – afferma Andrea Di Fabio, direttore commerciale e marketing di Cantina Tollo – rientra nei nuovi bisogni cui la nostra cantina è andata incontro, prima con i vini biologici, prodotti fin dai primi anni ’90, poi con quelli vegani. La qualità è la nostra priorità, ma da sola non basta: i consumatori si aspettano che dietro al prodotto che acquistano ci sia una visione etica e consapevole, fatta di rispetto dell’ambiente e della terra. Visione che da sempre ci caratterizza».
In effetti, sempre secondo l’analisi di Wine monitor Nomisma, il consumatore riconosce al vino bio soprattutto la naturalità (per il 44% è un fattore distintivo) e la qualità (17%), mentre il 75% degli intervistati è disposto a spendere di più per acquistare un vino con il marchio bio.

[continua su «Largo Consumo»]